VENERE

 

Venere (astronomia)
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Venere è il secondo pianeta del Sistema solare in ordine di distanza dal Sole con un'orbita quasi circolare che lo porta a compiere una rivoluzione in 224,7 giorni terrestri. Prende il nome dalla dea romana dell'amore e della bellezza e il suo simbolo astronomico è la rappresentazione stilizzata della mano di Venere che sorregge uno specchio (Venus symbol.svg; Unicode: ♀).

È l'oggetto naturale più luminoso nel cielo notturno, dopo la Luna, con una magnitudine apparente di -4,6, e per questo motivo è conosciuto fin dall'antichità. Venere raggiunge la sua massima brillantezza poco prima dell'alba o poco dopo il tramonto e per questa ragione è spesso stato chiamato da popoli antichi la "Stella del Mattino" o la "Stella della Sera", fino a quando Pitagora identificò in Venere il responsabile di entrambe le apparizioni.

Classificato come un pianeta terrestre, a volte è definito il "pianeta gemello" della Terra, cui è molto simile per dimensioni e massa. Per altri aspetti, tuttavia, è piuttosto differente dal nostro pianeta. Venere infatti possiede un'atmosfera costituita principalmente da anidride carbonica, molto più densa di quella terrestre, con una pressione al livello del suolo pari a 92 atmosfere. La densità e la composizione dell'atmosfera creano un imponente effetto serra, che rende Venere il pianeta più caldo del sistema solare.

Venere è avvolto da uno spesso strato di nubi altamente riflettenti, composte principalmente da acido solforico, che impediscono la visione in luce visibile della superficie dallo spazio. Il pianeta non è dotato di satelliti o anelli e ha un campo magnetico debole, rispetto a quello terrestre.

Osservazione

Venere in colori reali

Poiché il pianeta si trova vicino al Sole può essere visto di solito soltanto per poche ore e nelle vicinanze del Sole stesso: durante il giorno la luminosità solare lo rende difficilmente visibile. È invece molto brillante subito dopo il tramonto (Vespero) sull'orizzonte a ovest oppure poco prima dell'alba (Lucifero) verso est, compatibilmente con la sua posizione.
Ha l'aspetto di una stella lucentissima di colore giallo-biancastro, di gran lunga più brillante di qualsiasi altra stella nel firmamento. L'osservazione al telescopio è migliore quando non è completamente immerso nell'oscurità ma piuttosto nelle luci del crepuscolo o in pieno giorno, in quanto il contrasto col cielo è minore e consente una migliore percezione dei deboli dettagli e delle ombreggiature dell'atmosfera, inoltre il pianeta in questi casi è più alto sull'orizzonte e la stabilità dell'immagine è migliore, in quanto meno disturbata dal riverbero dell'atmosfera terrestre. Particolarmente utili nell'osservazione telescopica di Venere è l'uso di filtri colorati per selezionare la luce a diverse lunghezze d'onda, o di filtri neutri e polarizzatori per ottimizzare la quantità di luce nelle osservazioni crepuscolari, permettendo di evidenziare maggiormente le tenui caratteristiche dell'atmosfera venusiana

L'orbita del pianeta è interna rispetto a quelle della Terra, quindi lo vedremo muoversi alternativamente a est e a ovest del Sole. La sua elongazione (la distanza angolare tra un pianeta e il Sole) può variare tra un valore massimo a ovest e un valore massimo a est, e può arrivare fino a 47°. Le variazioni della sua elongazione massima sono dovute più alla variazione della distanza tra Terra e Sole che alla forma dell'orbita di Venere e quando l'elongazione è ampia Venere può restare visibile per diverse ore. Periodicamente passa davanti o dietro al Sole entrando quindi in congiunzione: quando il passaggio avviene dietro si ha una congiunzione superiore, mentre quando avviene davanti si ha una congiunzione inferiore e la faccia illuminata del pianeta non è visibile dalla Terra in nessun momento del giorno. Il diametro apparente di Venere durante una congiunzione inferiore è di circa 64 secondi d'arco.

L'eclittica sull'orizzonte è il fattore più importante per la visibilità di Venere. Nell'emisfero boreale l'inclinazione è massima dopo il tramonto nel periodo dell'equinozio di primavera oppure prima dell'alba nel periodo dell'equinozio d'autunno. È importante anche l'angolo formato dalla sua orbita e l'eclittica: infatti Venere può avvicinarsi alla Terra fino a 40 × 106 km e raggiungere un'inclinazione di circa 8° sull'eclittica avendo un forte effetto sulla sua visibilità.

A parte il Sole, la Luna e (con difficoltà) Giove, Venere è l'unico corpo celeste che è visibile a occhio nudo anche di giorno, sia pure a condizione che la sua elongazione dal Sole non sia troppo piccola e che il cielo sia abbastanza terso.


Storia delle osservazioni

Conosciuto probabilmente già nella preistoria, Venere fu osservato poi da tutte le culture antiche, come i babilonesi che lo chiamarono Ištar, in onore della dea dell'amore, dell'erotismo e della guerra nella mitologia babilonese. Egizi, Greci e Romani distinguevano invece le apparizioni mattutine e serali in due corpi distinti, chiamandolo stella del mattino o stella della sera, e per questo chiamato Lucifero quando appariva prima dell'alba, e Vespero quando apparivà a ovest al calar del Sole. Per via del suo splendore, in molte culture, tra cui quella Maya, Venere rappresentava una divinità ed era l'astro più studiato nei suoi movimenti in cielo.

Fu Galileo Galilei il primo che studiò Venere, osservandolo con il suo cannocchiale. Egli riuscì ad osservare le fasi, e che queste erano simili a quelle della Luna, dimostrando la correttezza della teoria eliocentrica predetta qualche decennio prima dall'astronomo polacco Niccolò Copernico, che sosteneva che Venere era posto tra la Terra e il Sole e ruotava attorno a quest'ultimo. A maggior sostegno della teoria c'era anche l'osservazione di Galileo del diametro apparente di Venere durante le sue diverse fasi, a seconda della sua distanza dalla Terra. Tuttavia, per non venir accusato di eresia dall'inquisizione per contraddire la teoria tolemaica, Galileo coprì la sua scoperta in una frase criptica in latino: "Mater Amorum aemulatur Cinthyae figuras", che vuol dire "La madre degli amori (Venere) imita le forme di Cinzia (la Luna)".

Nel 1677, Edmund Halley suggerì di misurare la distanza Terra-Sole con osservazioni da diversi luoghi della Terra, in particolare in occasione dei transiti di Venere. Successive spedizioni in vari luoghi del mondo permisero di misurare la parallasse del Sole in 8.85 secondi d'arco. I transiti storici di Venere furono particolarmente importanti al riguardo, inoltre uno di questi, nel 1761, permise all'astronomo russo Mikhail Lomonosov di ipotizzare la presenza di un'atmosfera su Venere.
Venere visto dal Telescopio spaziale Hubble nel 2010.

Lo spesso strato di nubi e l'alta luminosità del pianeta furono in passato un serio ostacolo per cercare di individuare il suo periodo di rotazione con gli strumenti disponibili a quel tempo. Cassini e Francesco Bianchini osservarono Venere, e mentre il primo ipotizzò un periodo di 24 ore, Bianchini teorizzò un periodo di 24 giorni. Tuttavia William Herschel si accorse che il pianeta era ricoperto da uno spesso strato di nubi, e il periodo di rotazione rimase un enigma, anche se nel XVIII secolo, molti astronomi pensavano che esso fosse di 24 ore, conformandosi alla teoria precedente di Cassini. Giovanni Schiaparelli fu il primo che ipotizzò un diverso periodo, teorizzando che, come Mercurio, anche Venere fosse in rotazione sincrona, "bloccato" dal Sole. Schiapparelli infatti concluse i suoi studi l'11 agosto 1878 scrivendo: "Addio bella Afrodite, ormai la tua rotazione non sarà più un segreto"

Nel 1932 W.Adams e T.Dunham mediante osservazioni spettroscopiche nell'infrarosso, scoprirono linee di assorbimento del carbonio, che permisero di ipotizzare che l'anidride carbonica era predominante nell'atmosfera venusiana.

Nel 1961, durante una congiunzione, fu osservato il periodo di rotazione di Venere con il radiotelescopio di Goldstone, in California, anche se solo nel 1964 fu confermata definitivamente la sua rotazione retrograda. Intanto, nel 1962, il Mariner 2 aveva raggiunto con successo il pianeta, inviando i primi dati su temperatura superficiale e composizione atmosferica di Venere.


Transiti

Un transito di Venere è un evento molto raro, ed avviene quando il pianeta si interpone fra la Terra e il Sole, oscurandone una piccola parte del disco. Solo gli ultimi due transiti, quelli del 2004 e del 2012, sono stati osservati con strumenti scientifici moderni e con le conoscenze attuali del pianeta dopo l'esplorazione delle sonde spaziali. Tuttavia in passato i transiti di Venere furono considerati molto importanti per diversi fattori, tra cui quello della esatta misurazione della distanza Terra-Sole. I transiti avvengono a coppie, con un intervallo di otto anni da un transito all'altro di ciascuna coppia, e intervalli di 121,5 e 105,5 anni tra una coppia e un'altra.

C'è qualche menzione di transiti di Venere sul Sole in epoche antiche, come quella dello scienziato persiano Avicenna, che nel 1032 riporta di aver osservato Venere come una macchia che passava sopra il Sole, concludendo che il pianeta fosse più vicino al Sole di quanto lo sia la Terra. L'astronomo spagnolo Ibn Bajja menzionò anch'esso un transito di Mercurio e Venere sul Sole nel XII secolo, tuttavia studi storici di Bernard R. Goldstein e altri nel XX secolo non hanno confermato tali transiti che sarebbero stati osservati ad occhio nudo, concludendo che molto probabilmente essi avevano osservato delle macchie solari.


Transito di Venere rispetto al Sole

La prima previsione di un transito di Venere fu di Keplero nel 1631, anche se nessuno all'epoca riuscì ad osservarlo perché non visibile dall'Europa. Keplero non aveva previsto il transito che avvenne 8 anni dopo, cosa che fece il giovane astronomo britannico Jeremiah Horrocks, che nel 1639 osservò per primo un transito di Venere davanti al Sole. Da Horrocks in poi sono stati osservati solo altri sei transiti nel corso della storia, tra cui quello del 1761 che permise all'astronomo russo Lomonosov di predire l'esistenza di un'atmosfera su Venere. In quegli anni però lo studio di diversi astronomi era diretto alla stima della distanza Terra-Sole, su suggerimento di Halley avvenuto agli inizi del XVIII secolo e diretto ai giovani astronomi dell'epoca, che avrebbero potuto essere ancora in vita in occasione dei transiti del 1761 e del 1769. Molti astronomi di diverse nazioni viaggiarono per vari luoghi del mondo, da dove sarebbero stati visibili i transiti previsti. Particolarmente sfortunato fu l'astronomo francese Guillaume Le Gentil, che dopo aver perso il transito del 1761 visibile in India perché a bordo di una nave in movimento, perse quello di otto anni dopo perché quel giorno il cielo si rannuvolò. Tornato in Francia ebbe anche la brutta sorpresa di trovarvi la moglie risposata mentre lui era stato dato per morto dalle autorità. Il famoso navigatore britannico James Cook fece il suo primo viaggio diretto a Tahiti perché mandato dalla Royal Society a studiare un transito di Venere. Nel 1771 un altro astronomo francese, Jérôme Lalande, utilizzando i dati dei transiti precedenti, stimò in 153 milioni di chilometri la distanza della Terra dal Sole, distanza poi corretta nel secolo successivo da Simon Newcomb in 149,67 milioni di km, grazie alle osservazioni dei transiti del 1874 e del 1882.


Missioni spaziali

È oggi noto che Venere possiede una superficie rovente sulla quale insiste un'atmosfera corrosiva con un'altissima pressione.

In passato questi dati erano tuttavia sconosciuti e ciò lasciò campo aperto a qualsiasi ipotesi. Carl Sagan teorizzò, per esempio, che Venere fosse coperta da un oceano non di acqua, ma di idrocarburi. Altri studiosi ritenevano che il pianeta fosse ricoperto da paludi mentre altri ancora ipotizzavano un mondo desertico. Gli scienziati sovietici delle missioni Venera erano così propensi ad aspettarsi un oceano che sulla sonda Venera 4, lanciata nel 1967, installarono un morsetto fatto di zucchero bianco raffinato che, a contatto con l'acqua (o un altro fluido dotato della giusta composizione e temperatura), si sarebbe sciolto facendo scattare l'antenna che con questo stratagemma si sarebbe salvata dall'affondamento della sonda. Ma su Venere la sonda Venera 4 non solo non trovò un oceano, ma non raggiunse neppure la superficie. Smise infatti di trasmettere quando la pressione atmosferica superò le 15 atmosfere, soltanto una frazione delle 93 atmosfere presenti sulla superficie del pianeta.

Si trattava, comunque, di un risultato straordinario: per la prima volta un veicolo costruito dall'uomo aveva comunicato dati relativi all'analisi delle condizioni di un ambiente extraterrestre. I sovietici studiarono quindi una sonda più resistente. Il team di V. G. Perminov ipotizzò dapprima che tale sonda dovesse resistere a una pressione di 60 atmosfere, quindi di 100 e infine di 150 atmosfere. Per tre anni, il team di Perminov testò le sonde in condizioni estreme e, per simulare l'atmosfera di Venere, costruì la più grande pentola di Papin del mondo - in pratica una pentola a pressione gigantesca - in cui le sonde venivano immesse finché non si schiacciavano o fondevano.

Venera 7 fu costruita per sopportare una pressione di 180 atmosfere, e lanciata il 17 agosto 1970 il 15 dicembre dello stesso anno trasmise il segnale tanto atteso. La prima sonda costruita dall'uomo era atterrata su un altro pianeta e aveva comunicato con la Terra. Nel 1975 i sovietici inviarono la sonda Venera 9 equipaggiata con un disco frenante per la discesa nell'atmosfera e di ammortizzatori per l'atterraggio, che trasmise immagini in bianco e nero della superficie di Venere, mentre le sonde Venera 13 e 14 rimandarono le prime immagini a colori di quel mondo.

Nel 1978 gli statunitensi lanciarono diverse sonde separate verso Venere, nell'ambito del progetto Pioneer Venus, per lo studio in particolar modo dell'atmosfera venusiana. Negli anni ottanta i sovietici proseguirono invece con le sonde Venera: le Venera 15 e 16 lanciate nel 1983 e dotate di Radar ad apertura sintetica, mapparono l'emisfero nord del pianeta rimanendo in orbita attorno ad esso. I sovietici lanciarono anche, nel 1985, le sonde Vega 1 e 2, rilasciarono moduli sulla superficie, prima di andare verso l'incontro con la cometa di Halley, l'altro oggetto di studi di quelle missioni. Vega 2 atterrò nella regione Aphrodite raccogliendo un campione di roccia contenente Anortosite - troctolite, materiale raro sulla Terra ma presente negli altopiani lunari.

Nel 1990 la NASA, utilizzando lo Space Shuttle, lanciò verso Venere la Sonda Magellano, dotata di radar che permise una mappa quasi completa del pianeta, con una risoluzione nettamente migliore rispetto alle precedenti missioni, lavorando per ben 4 anni prima della caduta e della conseguente distruzione nell'atmosfera venusiana, anche se qualche frammento potrebbe essere arrivato in superficie.

Negli ultimi decenni, per risparmiare combustibile, Venere è stato spesso usato come fionda gravitazionale per missioni dirette verso altri pianeti del sistema solare, come nel caso della Galileo, diretta verso Giove e le sue lune, e la Cassini-Huygens, diretta all'esplorazione del sistema di Saturno e che effettuò due fly-by con Venere tra il 1998 e il 1999, prima di dirigersi verso le regioni esterne del sistema solare.

Venus Express, lanciata nel 2006, ha eseguito una mappatura completa della superficie, e nonostante fosse inizialmente prevista una durata della missione di due anni, essa è stata estesa fino al dicembre del 2014.


Missioni attuali e future

PLANET-C, o Venus Climate Orbiter, è una sonda giapponese che, seguendo la tradizione nipponica, è stata ribattezzata dopo il lancio col nome di Akatsuki ed è stata lanciata il 20 maggio 2010 dal Tanegashima Space Center. Avrebbe dovuto entrare in orbita attorno a Venere nel dicembre del 2010, con lo scopo di studiare la dinamica dell'atmosfera venusiana, ciononostante, a causa di un problema col computer di bordo, la manovra fallì. Non avendo subito gravi danni la sonda è riuscita ad entrare in orbita attorno al pianeta nel dicembre 2015.

Tra le missioni candidate per il decennio 2013-2022, nell'ambito del Programma New Frontiers della NASA, la Venus In-Situ Explorer era una delle candidate possibili da scegliere, tra vari progetti esplorativi proposti. La missione comprendeva lo studio chimico-fisico della sua crosta e l'analisi della sua atmosfera, con campioni del suolo venusiano da prelevare e studiare sul posto, visti gli alti costi che comporta riportare sulla Terra eventuali campioni. Inizialmente programmata per essere lanciata nel 2013, venne poi data la priorità alla missione OSIRIS-REx, che sarà lanciata nel 2016 e si dedicherà all'esplorazione degli asteroidi.

Venera-D è un progetto dell'Agenzia Spaziale Russa, che inizialmente prevedeva l'atteraggio di un lander sulla superficie nel 2014. Tuttavia in fase di riprogettazione della missione, dopo i fallimenti delle sonde Phobos, il progetto perse priorità rispetto ad altre missioni, all'interno del programma spaziale russo e, dopo che il lancio è stato rimandato al 2024, nell'agosto del 2012 si è deciso di posticipare la missione al 2026.

Il 26 novembre del 2013 la NASA ha lanciato anche il Venus Spectral Rocket Experiment (VeSpR), un telescopio spaziale in orbita attorno alla Terra per lo studio dell'atmosfera di Venere nell'ultravioletto, non possibile dalla Terra in quanto l'atmosfera terrestre assorbe la maggior parte dei raggi UV. Lo scopo degli scienziati è individuare la quantità di atomi di idrogeno e deuterio rimasti nell'atmosfera venusiana, per ricostruire la storia del pianeta e capire se effettivamente esisteva una grande quantità di acqua nel passato come gli astronomi ipotizzano.


Parametri orbitali e rotazione

L'orbita di Venere è quasi circolare, con un'eccentricità orbitale inferiore all'1% e una distanza media dal Sole di 108 milioni di chilometri. Venere è il pianeta che maggiormente si avvicina alla Terra e in occasione delle congiunzioni inferiori la distanza media tra Venere e la Terra è di circa 41 milioni di chilometri. Essendo l'orbita di Venere quasi circolare la vicinanza minima tra la Terra e Venere avviene quando il nostro pianeta si trova al perielio e la sua distanza dal Sole è di 147 milioni di chilometri circa. In queste occasioni quando Venere è in congiunzione inferiore si avvicina a meno di 40 milioni di chilometri, e nei periodi di massima eccentricità orbitale dell'orbita terrestre, la distanza minima di Venere dalla Terra è di 38,2 milioni di chilometri

Con una velocità orbitale di 35 km/s, Venere impiega 224,7 giorni a compiere una rivoluzione attorno al Sole, mentre il periodo sinodico, ossia il periodo nel quale si ritrova nella stessa posizione nel cielo terrestre rispetto al Sole, è di 584 giorni. L'inclinazione orbitale rispetto all'eclittica è di 3,39º

La rotazione di Venere, rimasta sconosciuta fino alla seconda metà del XX secolo, avviene secondo il moto retrogrado (in senso orario), cioè al contrario di come avviene normalmente per la maggior parte degli altri pianeti del sistema solare. La rotazione è molto lenta, infatti un giorno dura circa 243 giorni terrestri, superiore al periodo di rivoluzione attorno al Sole, con una velocità all'equatore di appena 6,5 km/h. Alcune ipotesi sostengono che la causa sia da ricercarsi nell'impatto con un asteroide di dimensioni ragguardevoli. All'inizio del 2012, analizzando i dati della sonda Venus Express, si è scoperto che la rotazione di Venere sta ulteriormente rallentando, con un periodo di rotazione che è stato misurato in 243,0185 giorni, 6 minuti e mezzo superiore alla precedente misurazione di 16 anni prima effettuata dalla sonda Magellano

A causa della rotazione retrograda il moto apparente del Sole è opposto a quello terrestre, quindi chi si trovasse su Venere vedrebbe l'alba a ovest e il tramonto a est. Poiché il pianeta impiega 225 giorni terrestri per compiere un'intera rivoluzione attorno al Sole su Venere il giorno è più lungo dell'anno. Tuttavia tra un'alba e l'altra trascorrono soltanto 117 giorni terrestri perché mentre il pianeta ruota su se stesso in senso retrogrado esso si sposta anche lungo la propria orbita, compiendo il moto di rivoluzione che procede in senso opposto rispetto a quello di rotazione. Ne deriva che lo stesso punto della superficie si viene a trovare nella stessa posizione rispetto al Sole ogni 117 giorni terrestri.


Caratteristiche fisiche

Venere è uno dei quattro pianeti terrestri del sistema solare. Questo significa che, come la Terra, è un corpo roccioso. In dimensioni e massa è molto simile alla Terra ed è spesso descritto come il suo "gemello". Venere sta subendo la stessa evoluzione che ha avuto la Terra nella sua formazione. Il diametro di Venere è inferiore a quello terrestre di soli 650 km e la sua massa è l'81,5% di quella terrestre. A causa di questa differenza di massa sulla superficie di Venere l'accelerazione di gravità è mediamente pari a 0,88 volte quella terrestre. A titolo di esempio, un uomo di 70 kg che misurasse il proprio peso su Venere, mediante un dinamometro tarato sull'accelerazione di gravità terrestre, registrerebbe un valore pari a circa 62 kg (utilizzando come unità di misura i chilogrammi forza).

A dispetto di queste somiglianze, le condizioni sulla superficie venusiana sono molto differenti da quelle terrestri a causa della spessa atmosfera di anidride carbonica, la più densa tra tutti i pianeti terrestri: l'atmosfera di Venere, infatti, è costituita per il 96,5% da anidride carbonica, mentre il restante 3,5% è composto soprattutto da azoto. La notevole percentuale di anidride carbonica è dovuta al fatto che Venere non ha un ciclo del carbonio per incorporare nuovamente questo elemento nelle rocce e nelle strutture di superficie, né esistono organismi (come le piante sulla Terra) che la possano assorbire in biomassa. È proprio l'anidride carbonica ad aver generato un potentissimo effetto serra, a causa del quale il pianeta è divenuto così caldo che si ritiene che gli antichi oceani di Venere siano evaporati, lasciando una asciutta superficie desertica con molte formazioni rocciose. Il vapor acqueo si è poi dissociato a causa dell'alta temperatura e a causa dell'assenza di una magnetosfera, il leggero idrogeno è stato diffuso nello spazio interplanetario dal vento solare.

La pressione atmosferica sulla superficie del pianeta è pari a 92 volte quella della Terra ed è dovuta per la maggior parte dell'anidride carbonica e ad altri gas serra. Il pianeta è inoltre ricoperto da un opaco strato di nuvole di acido solforico, altamente riflettenti, che insieme alle nubi dello strato inferiore impediscono la visione della superficie dallo spazio. Questa impenetrabilità ha originato molteplici discussioni, perdurate fino a quando i segreti del suolo di Venere furono rivelati dalla planetologia nel ventesimo secolo.

La mappatura della sua superficie è stata possibile attraverso i dati forniti dalla sonda Magellano tra il 1990 e il 1991. Ne è risultato un suolo con evidenze di estensivo vulcanismo; anche la presenza di zolfo nell'atmosfera poteva essere un indizio di eruzioni recenti. Però l'assenza di flussi lavici accanto alle caldere visibili rimane un problema.

Il pianeta mostra pochi crateri da impatto, il che depone a favore di una superficie relativamente giovane, sui 300-600 milioni di anni. La mancata evidenza di attività tettonica viene collegata alla notevole viscosità della crosta, dovuta all'assenza dell'effetto lubrificante provocato dall'acqua, il che rende più difficile la subduzione. Ci può tuttavia essere una perdita di calore interno in seguito a importanti eventi periodici di affioramento.


Struttura interna

Struttura interna di Venere.

Anche se vi sono poche informazioni dirette sulla sua struttura interna e la geochimica venusiana a causa della mancanza di dati sismici e della conoscenza del suo momento di inerzia le somiglianze in termini di dimensioni e di densità tra Venere e la Terra suggeriscono che i due pianeti possano avere una struttura interna simile: un nucleo, un mantello e una crosta. Si ritiene che il nucleo venusiano, come quello della Terra, sia almeno parzialmente liquido dal momento che i due pianeti hanno avuto un processo di raffreddamento simile. Le dimensioni leggermente inferiori di Venere suggeriscono che le pressioni siano significativamente più basse al suo interno rispetto a quelle terrestri.

La differenza principale tra i due pianeti è l'assenza di tettonica delle placche su Venere dovuta probabilmente alla diversa composizione della litosfera e del mantello venusiani (assenza di acqua = viscosità maggiore = grado di accoppiamento maggiore litosfera/mantello) rispetto a quelli terrestri. L'omogeneità della crosta di Venere determina una minore dispersione di calore dal pianeta, che infatti presenta un flusso di calore con valori di circa la metà inferiori a quelli terrestri. L'assenza di un campo magnetico potrebbe essere legata all'assenza di un nucleo solido all'interno del pianeta.

Si ritiene che Venere sia soggetto a periodici episodi di movimenti tettonici, dove la crosta sarebbe subdotta rapidamente nel corso di pochi milioni di anni, con intervalli di alcune centinaia di milioni di anni di relativa stabilità. Questo contrasta fortemente con la condizione più o meno stabile di subduzione e di deriva continentale che si verifica sulla Terra. Tuttavia la differenza è spiegabile con l'assenza su Venere di oceani che agirebbero come lubrificanti nella subduzione. Le rocce superficiali di Venere avrebbero meno di mezzo miliardo di anni poiché l'analisi dei crateri di impatto suggerisce che le dinamiche di superficie avrebbero modificato la superficie stessa (eliminando gli antichi crateri) negli ultimi miliardi di anni.


Superficie

La superficie di Venere.

La superficie di Venere mostrata dalle sonde Venera appariva costituita principalmente da rocce di basalto, ed è stata successivamente mappata in dettaglio alla fine del XX secolo; la sonda Magellano ha elencato circa un migliaio di crateri di meteoriti: un numero basso se confrontato a quello della Terra. La scarsa presenza di crateri e il fatto che essi siano relativamente grandi, oltre i 3 km di diametro, si spiega con la densa atmosfera venusiana che impedisce l'arrivo in superficie dei meteoriti più piccoli, disgregandoli prima dell'impatto al suolo.

Circa l'80% della superficie di Venere è formata da pianure vulcaniche che per il 70% mostrano dorsali da corrugamento, e per il 10% sono proprio lisce. Il resto è costituito da due altopiani definiti continenti, uno nell'emisfero nord e l'altro appena a sud dell'equatore.
Il continente più a nord è chiamato Ishtar Terra, dalla dea babilonese dell'amore Ishtar, e ha circa le dimensioni dell'Australia. I Monti Maxwell, il più alto massiccio montuoso su Venere, si trovano su Ishtar Terra. La superficie di Venere è, rispetto a quella della Terra e di Marte, generalmente pianeggiante, in quanto solo il 10% della superficie si estende oltre i 10 km d'altezza, contro i 30 chilometri che separano invece i fondi oceanici terrestre dalle montagne più alte.

Il continente a sud è chiamato Aphrodite Terra, dalla dea greca dell'amore, e ha circa le dimensioni del Sud America. La maggior parte di questo continente è ricoperta da un intrico di fratture e di faglie.

Venere è senza dubbio il pianeta del sistema solare con la maggior quantità di vulcani: ne sono stati individuati in superficie circa 1500 di dimensioni medio-grandi, ma potrebbero esserci fino a un milione di vulcani minori. Alcune strutture vulcaniche sono peculiari di Venere, come quelle chiamate farra (a forma di focaccina), larghe da 20 a 50 km e alte da 100 a 1000 m; fratture radiali a forma di stella, chiamate novae; strutture con fratture sia radiali che concentriche chiamate aracnoidi per la loro somiglianza con le tele di ragno; e infine le coronae, anelli circolari di fratture, a volte circondate da una depressione. Tutte queste strutture hanno un'origine vulcanica.

La superficie di Venere appare geologicamente molto giovane, i fenomeni vulcanici sono molto estesi e lo zolfo nell'atmosfera dimostrerebbe, secondo alcuni esperti, l'esistenza di fenomeni vulcanici attivi ancora oggi[56]. Tuttavia, questo solleverebbe un enigma: l'assenza di tracce del passaggio di lava che accompagni una caldera tra quelle visibili.


Mappa topografica di Venere

Quasi tutte le strutture di superficie di Venere prendono il nome da figure femminili storiche o mitologiche. Le uniche eccezioni sono rappresentate dai monti Maxwell, il cui nome deriva da James Clerk Maxwell, e da due regioni chiamate Alpha Regio e Beta Regio. Queste tre eccezioni si verificarono prima che l'attuale sistema fosse adottato dall'Unione Astronomica Internazionale, l'ente che controlla la nomenclatura dei pianeti.


Atmosfera

Osservazione

Molto tempo prima dell'arrivo delle sonde sovietiche sul suolo di Venere, erano già state acquisite le prove che il pianeta disponeva di un'atmosfera:

Anzitutto, prima e dopo la congiunzione inferiore, il pianeta presenta una "falce" con le estremità molto angolate rispetto al normale angolo teorico di 180º (osservabile, ad esempio, nella Luna). Questa è la prova dell'esistenza di un'atmosfera, dal momento che il prolungamento delle punte della falce è dovuto alla riflessione della luce solare anche nell'emisfero non esposto al Sole, in virtù di un fenomeno di diffusione, o crepuscolo, provocato dall'atmosfera.
Quando Venere occulta una stella l'occultamento non è istantaneo ma progressivo. Cioè quando il disco del pianeta inizia a sovrapporsi a quello della stella la luce della stella è ancora parzialmente visibile. Ciò si verifica perché la luce è in grado di penetrare parzialmente l'atmosfera. Analogamente quando la stella ricompare la luminosità non riappare improvvisamente (cosa che si verifica invece nel caso dell'occultamento di una stella da parte della Luna) ma in modo continuo.

Ma fu durante il transito del 1761 che l'astronomo russo Mikhail Lomonosov poté effettuare la prima osservazione diretta dell'atmosfera di Venere. Al telescopio, infatti, il pianeta, visto davanti al Sole, mostrava un margine non netto ma sfumato, cioè appariva circondato come da un alone: la prova palese dell'esistenza di un'atmosfera.


Composizione

L'atmosfera di Venere è molto diversa da quella della Terra, sia in composizione che in densità: è costituita infatti al 96,5% di anidride carbonica, mentre il 3,5% restante è azoto.[63]. La massa dell'atmosfera venusiana è circa 93 volte quella dell'atmosfera terrestre, mentre la pressione sulla superficie del pianeta è circa 92 volte quella della Terra, equivalente alla pressione presente a circa mille metri di profondità in un oceano terrestre.

La densa atmosfera composta essenzialmente di CO2, insieme alle nubi di anidride solforosa, genera il più forte effetto serra del sistema solare, portando la temperatura della superficie del pianeta a valori di oltre 460 °C. Questo rende la superficie di Venere più calda di quella di Mercurio, e quindi di qualunque altro pianeta del sistema solare. Questo nonostante Venere sia due volte più distante dal Sole e riceva quindi solo il 25% dell'irraggiamento rispetto al pianeta più interno. A causa dell'assenza di acqua su Venere non vi è umidità sulla superficie, che a causa di temperatura e condizioni atmosferiche è stata spesso descritta come "infernale".

Gli studi hanno evidenziato come, all'inizio del sistema solare, l'atmosfera di Venere fosse probabilmente molto più simile a quella terrestre, e che vi fosse una presenza abbondante di acqua sulla superficie. Il progressivo aumento della radiazione solare causò un aumento dell'evaporazione, e siccome il vapore acqueo è un potente gas serra, si innescò un processo di feedback positivo. Tale processo diventò sempre più rapido, fino a diventare incontrollabile: come risultato gli oceani di Venere evaporarono completamente, e le temperature al suolo raggiunsero valori di 1500 K. In seguito la radiazione solare ha progressivamente fotodissociato il vapore acqueo in idrogeno e ossigeno. L'idrogeno tuttavia non può essere trattenuto efficacemente da Venere, ed è stato progressivamente perso tramite processi di fuga atmosferica, mentre l'ossigeno rimasto si è ricombinato con il carbonio, portando alla composizione atmosferica odierna. Sebbene non sia possibile la vita sulla superficie di Venere, alcuni scienziati ipotizzano che essa potrebbe esistere negli strati di nubi a 50-60 chilometri d'altezza, dove i valori di temperatura e pressione atmosferica sono simili a quelli terrestri.


Tempo atmosferico

Venere è un mondo con una situazione climatica estrema e invariante. L'inerzia termica e lo spostamento del calore da parte dei venti nella parte più bassa dell'atmosfera fanno sì che la temperatura della superficie di Venere non cambi significativamente tra giorno e notte, nonostante la rotazione estremamente lunga del pianeta: quindi la superficie di Venere è isotermica, cioè mantiene una temperatura costante tra il giorno e la notte e tra l'equatore e i poli. L'inclinazione assiale del pianeta è di 177,36° il che determina l'apparente rotazione inversa del pianeta. L'angolo è comunque molto prossimo a 180° e contribuisce a rendere poco evidenti i cambiamenti stagionali.

L'unica variazione apprezzabile si ha con l'aumento dell'altitudine: il punto più freddo della superficie di Venere è nel suo punto più alto, ossia sui Maxwell Montes, con una temperatura di 380 °C, dove la pressione è pari a 45 bar. Nel 1990 la Sonda Magellano effettuando riprese radar rilevò una sostanza molto riflettente che si trovava sulla cima dei picchi montuosi più alti simile nell'aspetto alla neve che si trova sulle montagne della Terra. Questa sostanza potrebbe formarsi in un processo simile a quello che causa la neve sulla Terra, sebbene la sua temperatura sia molto più alta. Essendo troppo volatile per condensare sulla superficie si eleva in forma gassosa verso cime più alte e più fredde su cui cade poi come precipitazione. La natura di questa sostanza non è conosciuta con certezza, ma alcune speculazioni propongono che si possa trattare di tellurio elementare o persino di solfuro di piombo (galena).

Il tellurio è un metallo raro sulla Terra, ma potrebbe essere abbondante su Venere. Secondo alcuni scienziati il tellurio potrebbe assumere, sui picchi montuosi di Venere dove la temperatura è più bassa rispetto alle altre zone della superficie, la forma di una specie di neve metallica.

I venti sulla superficie sono lenti, con una velocità di pochi chilometri all'ora, ma, a causa dell'alta densità dell'atmosfera, essi esercitano una notevole forza contro gli ostacoli e sono in grado di spostare polvere e pietre sulla superficie. Basterebbe solo questo a rappresentare un ostacolo al movimento di un uomo sulla superficie anche se il calore e la pressione non fossero già un problema. Nello strato più alto delle nubi invece, i venti soffiano con grande intensità, fino a 300 km/h, e sferzano l'intero pianeta con un periodo di 4-5 giorni. Questi venti si muovono a velocità che sono fino a 60 volte la velocità di rotazione del pianeta, mentre sulla terra i venti più forti soffiano solo al 10% o 20% della velocità di rotazione terrestre.


L'effetto serra creato dall'atmosfera di Venere.

Al di sopra del denso strato di CO2 si trovano spesse nubi costituite prevalentemente di anidride solforosa e da goccioline di acido solforico. Queste nuvole riflettono circa il 60% della luce solare nello spazio e impediscono l'osservazione diretta della superficie di Venere nello spettro visibile. A causa dello strato di nubi, nonostante Venere sia più vicino al Sole di quanto lo sia la Terra, la superficie venusiana non ne è altrettanto riscaldata o illuminata. A mezzogiorno la luminosità di superficie corrisponde grosso modo a quella osservabile sulla Terra in una giornata molto nuvolosa. Le nubi coprono l'intero pianeta e sono quindi più simili a una spessa coltre di nebbia che alle nuvole terrestri. Per questo motivo un ipotetico osservatore che si trovasse sulla superficie non sarebbe mai in grado di vedere direttamente il Sole, ma potrebbe soltanto intravederne la luminosità. In assenza dell'effetto serra causato dall'anidride carbonica dell'atmosfera la temperatura sulla superficie di Venere sarebbe abbastanza simile a quella terrestre.

Le nubi di Venere sono soggette a frequenti scariche elettriche (fulmini) e la loro composizione ne favorisce la formazione più frequentemente che sulla Terra. L'esistenza di fulmini è stata controversa fin da quando le sonde sovietiche Venera avevano osservato scariche elettriche nella parte bassa dell'atmosfera che si succedevano con cadenze che sembravano decine o centinaia di volte più frequenti dei lampi sulla Terra. Gli scienziati sovietici chiamarono questo fenomeno "il drago elettrico di Venere". In seguito, nel 2006 e nel 2007, la sonda Venus Express osservò chiaramente un'onda elettromagnetica di elettroni. Era la prova che un fulmine si era appena scaricato. La sua apparenza intermittente indicava una traccia associata con attività climatica. Il tasso di fulmini è, secondo le stime più prudenti, almeno la metà di quello sulla Terra.


Magnetosfera


Interazione della magnetosfera di venere con il vento solare.

Nel 1967 Venera-4 ha scoperto che Venere possiede un campo magnetico molto più debole di quello terrestre. Questo campo magnetico viene generato da un'interazione tra la ionosfera e il vento solare, contrariamente a quanto avviene nel caso del nostro pianeta il cui campo nasce dall'effetto dinamo delle correnti convettive all'interno del mantello. Il campo venusiano si dimostra essere troppo debole per fornire una adeguata protezione dal vento solare. Le particelle dell'alta atmosfera vengono infatti continuamente strappate al campo gravitazionale del pianeta per disperdersi nello spazio. La mancanza di un campo magnetico intrinseco a Venere è un dato sorprendente, visto che è simile alla Terra per dimensioni, e inizialmente si era previsto anche per questo pianeta un effetto dinamo all'interno del mantello. Una dinamo richiede tre cose: un liquido conduttivo, la rotazione del nucleo e la convezione. Il nucleo è ipotizzato elettricamente conduttivo e, nonostante la lentezza della rotazione, le simulazioni mostrano che questa sarebbe sufficiente per produrre una dinamo. Questo implica che la dinamo manca a causa dell'assenza di convezione. Sulla Terra la convezione si verifica nel mantello a causa della temperatura inferiore di questo rispetto a quella del nucleo. Su Venere un evento di rifacimento globale può avere interrotto la tettonica a zolle e quindi eliminato le correnti convettive. Ciò ha causato l'innalzamento della temperatura del mantello e ridotto così il flusso di calore proveniente dal nucleo. Come risultato non c'è una geodinamo interna che può produrre un campo magnetico. Una possibilità è che Venere non abbia un nucleo interno solido o che non ci sia un gradiente di temperatura all'interno in modo che tutta la parte liquida del nucleo sia approssimativamente alla stessa temperatura. Un'altra possibilità è che il suo nucleo sia già completamente solidificato. Lo stato del nucleo dipende in larga misura dalla concentrazione di zolfo che non è nota.


Satelliti

Venere non ha satelliti naturali, sebbene l'asteroide 2002 VE68 mantenga una relazione quasi orbitale col pianeta e una ricerca del 2006 di Alex Alemi e David Stevenson del California Institute of Technology, sui modelli del Sistema Solare primordiale, faccia ipotizzare che Venere avesse inizialmente almeno una luna creata da un gigantesco evento da impatto, come similmente si ipotizza per la formazione della luna terrestre. Questo satellite si sarebbe inizialmente allontanato per via delle interazioni mareali, allo stesso modo della Luna, ma un secondo gigantesco impatto avrebbe rallentato, se non invertito la rotazione di Venere, portando la luna venusiana a riavvicinarsi e infine collidere col pianeta. Una spiegazione alternativa alla mancanza di satelliti è costituita dai forti effetti mareali del Sole che potrebbero destabilizzare grossi satelliti orbitanti attorno ai pianeti terrestri interni.


Colonizzazione e terraformazione di Venere

Considerando le sue condizioni estremamente ostili, una colonia sulla superficie di Venere è fuori portata con le attuali tecnologie e anche la sola esplorazione umana è più ardua rispetto a quelle sulla Luna e su Marte, anche perché Venere è stato meno studiato: in superficie calore e pressione non hanno permesso a sonde spaziali di funzionare che per brevi periodi, ma non si conoscono bene nemmeno i dettagli del suo strato atmosferico situato a 50 chilometri d'altezza, dove la pressione atmosferica e la temperatura sono simili a quelle terrestri.

In passato sono state avanzate varie teorie, come quella della terraformazione, eliminando l'anidride carbonica dell'atmosfera per diminuire l'effetto serra, oppure tramite uno scudo solare, entrambi metodi per diminuire la temperatura in superficie, mentre per il problema dell'acqua, è stato proposta anche l'introduzione di grandi quantità d'idrogeno, che si legherebbe all'ossigeno formando acqua.

Un'altra teoria prevede l'esistenza di città galleggianti e habitat aerostatici, come proposto da Geoffrey A. Landis, approfittando del fatto che l'aria respirabile, costituita da ossigeno e azoto, è più leggera dell'atmosfera venusiana e produrrebbe una spinta verso l'alto, mantenendo in sospensione una cupola abitata. Come detto mancano però studi sull'alta atmosfera, in quanto a quelle altezze la quantità di acido solforico presente potrebbe essere particolarmente dannosa.


Venere nella cultura umana
Nell'antichità
Un codice Maya rappresentante l'osservazione di Venere

Essendo uno degli oggetti più luminosi nel cielo, il pianeta è conosciuto sin dall'antichità e ha avuto un significativo impatto sulla cultura umana.

È descritto dai Babilonesi in svariati documenti in scrittura cuneiforme, come il testo detto la Tavoletta di Venere di Ammi-Saduqa. I Babilonesi chiamarono il pianeta Ishtar, la dea della mitologia babilonese (connaturata con la dea Inanna dei Sumeri), personificazione dell'amore ma anche della battaglia. Gli Egizi identificavano Venere con due pianeti diversi, e chiamavano la stella del mattino Tioumoutiri e la stella della sera Ouaiti. Allo stesso modo, i Greci distinguevano tra la stella del mattino Φωσφόρος, o Phosphoros, e la stella della sera Ἓσπερος, o Hesperos; tuttavia, nell'epoca Ellenistica, si comprese che si trattava dello stesso pianeta. Hesperos fu tradotto in Latino come Vespero e Phosphoros come Lucifero ("portatore di luce"), termine poetico in seguito utilizzato per l'angelo caduto allontanato dal cielo.

Gli Ebrei chiamavano Venere Noga ("luminoso"), Helel ("chiaro"), Ayeleth-ha-Shakhar ("cervo del mattino") e Kochav-ha-'Erev ("stella della sera").

Venere era importante per la civiltà Maya, che sviluppò un calendario religioso basato in parte sui suoi movimenti, e si basava sulle fasi di Venere per valutare il tempo propizio per eventi quali le guerre.

Il popolo Maasai definì Venere Kileken, e ha una tradizione orale, incentrata sul pianeta, denominata "Il bambino orfano".

Venere ha un ruolo significativo nelle culture degli australiani aborigeni, come i Yolngu nell'Australia del Nord. Gli Yolngu si radunavano per aspettare la comparsa di Venere, che chiamavano Barnumbirr, e che, secondo la tradizione, permetteva di comunicare con i propri cari morti.

Nell'astrologia occidentale, influenzata dalle connotazioni storiche legate alle divinità dell'amore, si ritiene che Venere influenzi questo aspetto della vita umana. Nell'astrologia indiana del Veda, Venere è nota come Shukra, ovvero "chiara, pura" in Sanscrito. Gli antichi astronomi cinesi, Coreani, Giapponesi e Vietnamiti chiamavano il pianeta "la stella (o astro) d'oro", collegandolo al metallo nella teoria dei cinque elementi cinesi. Nella spiritualità Lakota Venere è associata con l'ultima fase della vita e con la saggezza.


Nella fantascienza


Letteratura

Lo scrittore Isaac Asimov, qui ritratto su un trono, ha immaginato il pianeta nel suo romanzo Lucky Starr e gli oceani di Venere (1954) come un mondo interamente ricoperto da oceani, sotto i quali si trovavano cupole artificiali abitate.

L'impenetrabile strato di nuvole che ricopre Venere ha dato agli scrittori di fantascienza del passato totale libertà di speculare sulle condizioni della sua superficie. Il pianeta è stato spesso rappresentato come significativamente più caldo della Terra, ma, nonostante questo, ancora abitabile dagli uomini. Il genere ha raggiunto il suo picco tra il 1930 e il 1950 circa, quando gli scienziati avevano rivelato alcune caratteristiche di Venere, ma non si era ancora consapevoli delle aspre condizioni della sua superficie.

Già nel 1865 Achille Eyraud scrisse Voyage to Venus, dove una spedizione umana partì con un'astronave dotata di "motore a reazione". Nel romanzo di H.G. Wells La guerra dei mondi del 1898, ripreso poi in versione radiofonica da Orson Welles nel 1938, il narratore ritiene che i marziani potrebbero essere sbarcati su Venere dopo l'invasione fallita alla Terra. Paradossalmente, il primo adattamento cinematografico del romanzo, La guerra dei mondi, si apre con una mostra dove il narratore descrive tutti i pianeti del sistema solare, con l'eccezione di Venere. Olaf Stapledon nel suo romanzo del 1930 Infinito, narra di una colonizzazione su Venere da parte della razza umana dopo un processo di terraformazione del pianeta per liberare ossigeno dagli oceani di Venere, e dopo aver sterminato i venusiani, indigeni del luogo. Il tema della terraformazione di Venere è ripreso anche da Frederik Pohl e Cyril M. Kornbluth nel 1952, nel romanzo I mercanti dello spazio.

Tra i più noti autori di opere su Venere c'è senza dubbio Edgar Rice Burroughs, coi romanzi del ciclo di Venere (Carson di Venere): da I pirati di Venere del 1934 proseguendo con altri 5 romanzi, di cui l'ultimo, Il mago di Venere, pubblicato postumo nel 1964. Completamente ambientato su Venere è anche il secondo dei libri della trilogia dello spazio di C. S. Lewis, intitolato Perelandra (1943). Robert A. Heinlein ha ambientato la sua serie Storia futura su Venere, ispirato dalla tesi del chimico Svante Arrhenius sulla presenza di una palude fumosa sulla quale la pioggia cadeva incessantemente. A tale ipotesi si è rifatto anche Ray Bradbury nel racconto breve Pioggia senza fine. Isaac Asimov nel suo romanzo del 1954 Lucky Starr e gli oceani di Venere descrisse invece il pianeta come ricoperto da un immenso oceano ricco di vita acquatica e completamente avvolto dalle nubi, dove erano state costruite delle città sottomarine dotate di illuminazione artificiale.

Mentre la conoscenza scientifica di Venere avanzava, svelando le reali condizioni superficiali di Venere, gli autori di fantascienza persero in gran parte l'interesse per il pianeta, intimiditi dalle condizioni infernali della sua superficie. Tuttavia alcuni, come Arthur C. Clarke, cercarono di tenere il passo con le nuove informazioni.

J.R.R. Tolkien narra nel Silmarillion del viaggio di Eärendil con un Silmaril nelle volte del cielo, rappresentazione del pianeta Venere. Il secondo romanzo della serie di Venus Prime di Paul Preuss, intitolato Maëlström (1988), è ambientato su Venere, mentre in 3001: Odissea finale (1997), ancora di Arthur C. Clarke, narra della terraformazione di Venere da parte della razza umana, con il protagonista incaricato di portare acqua sul pianeta ottenendolo dal ghiaccio dei nuclei cometari.


Cinema e televisione

In campo cinematografico e televisivo sono rari i casi dove Venere è meta di viaggi spaziali o il luogo su cui si svolge un'opera fantascientica, e la Luna e Marte sono stati largamente preferiti come scenari nella maggior parte dei casi. Come per le opere letterarie, è prima del 1965 che Venere viene maggiormente menzionato in campo cinematografico, talvolta ispirandosi alla dea Venere e descrivendo il pianeta come popolato da donne o società matriarcali, ad esempio come nella parodia Viaggio al pianeta Venere del 1953, dove i protagonisti, Gianni e Pinotto, finiscono con un razzo su Venere, che risulta popolato da sole donne mentre gli uomini sono da tempo banditi, oppure come in La regina di Venere, dove alcuni astronauti, precipitati sul pianeta, fanno la conoscenza della spietata regina Yllana. In Sojux 111 Terrore su Venere, il pianeta è la destinazione di un viaggio dopo la scoperta che l'evento di Tunguska del 1908 fu causato dallo schianto di un'astronave aliena proveniente da Venere, scoprendo poi, una volta arrivati in superficie, che la civiltà venusiana si era autodistrutta, e che il pianeta era diventato piuttosto ostile. Nel film del 1972 Doomsday Machine, diretto da Lee Sholem, viene organizzato un viaggio verso venere nel tentativo di salvare la razza umana dalla distruzione dell'umanità

Nell'episodio "Cold Hands, Warm Heart" della seconda stagione della serie televisiva The Outer Limits, un astronauta, interpretato da William Shatner, il futuro Capitano Kirk dell'astronave Enterprise, dopo essere stato in orbita attorno a Venere torna sulla Terra dove sperimenta strani sogni nei quale vede un alieno fuori dalla navicella. Nell'universo fantascientifico di Star Trek, Venere, così come le conoscenze delle sonde spaziali avevano rivelato, era un pianeta di classe N, che nel XXIV secolo era sede di stazioni di terraformazione. Venere era anche meta per voli di addestramento degli studenti dell'accademia della Flotta Stellare, come peraltro testimonia Chakotay, nell'episodio Futuro anteriore nella terza stagione di Star Trek: Voyager, che era stato due mesi su Venere per imparare a guidare una navetta in mezzo a tempeste atmosferiche

Il tema della terraformazione viene ripreso anche nel anime Venus Wars, basato sull'omonimo manga di Yoshikazu Yasuhiko, mentre in chiave più prettamente scientifica viene mostrato nella miniserie Space Odyssey: Voyage To The Planets prodotto dalla BBC nel 2004, dove il pianeta è la prima destinazione del vascello scientifico interplatenario Pegasus. Il cosmonauta Yvan Grigorev diviene il primo umano a mettere piede sul pianeta nel corso di un breve atterraggio che ha la durata programmata di una sola ora a causa delle condizioni ambientali ostili.


Dubbi linguistici

L'aggettivo venusiano, derivante dal latino Venus, è spesso utilizzato in riferimento a Venere; tuttavia la forma più corretta sarebbe quella, oggi poco utilizzata, di venereo, derivata dal Latino venereus o venerius; il termine arcaico citereo, dal latino Cytherea derivante dal nome dell'isola di Citèra sacra alla dea Afrodite, è ancora occasionalmente usato.

 

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